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ski, Warburton, Caylus, le Court Gebelin ne hanno principalmente trattato; sempre però lasciando dubbiosi quei che si prendono la pena di confrontare le loro opinioni: nè ciò ha da recare maraviglia, fintanto che non si pervenga alla vera conoscenza de’ simboli e geroglifici presso quella grande nazione già usati.
(46) Non si veggono più nella cappella, già di Tebaldo Cortellieri, le pitture a fresco di Giusto, ricordate anche dallo Scardeone (p. 370.), secondo il Portenari perite (anzi fatte perire) per la fabbrica del Capitolo fatto sopra essa cappella l’anno 1610 dalla Compagnia delli Battuti della Cintura (Felicità di Padova, p. 449.).
(47) Nemmeno questa pittura più si vede, la quale sarebbe opera d’artista sconosciuto.
(48) Intorno a queste maravigliose opere del Mantegna ha dato un giudizio maestrevole Daniele Barbaro Patriarca d’Aquileia nel suo Trattato della Prospettiva, assai più copiosamente dettato di quello che nella stampa si vegga, in un codice Naniano; il quale ho io descritto nell’Indice di que’ codici, impresso nell’anno 1776., riportando ancora le parole del gravissimo scrittore sopra questo proposito, e sopra il merito distinto del Mantegna (p. 13.). Ma perciocchè quel mio libro assai raro è divenuto, giova qui riprodurre le parole del Barbaro, che nel Trattato di lui a stampa non sono.
«Più basso ancora è conceduto di fermare il punto nel quadro, come si vede aver fatto l’unico imitator della natura Messere Andrea Mantegna nella città sua di Padova nella chiesa degli Eremitani, che dipingendo quasi al sommo d’una cappella, pose il punto non solamente, più basso nel quadro, ma di sotto a quello nel
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