re in legno dal suddetto artefice, ch’egli chiama Giovanni Stefano, e qualifica per insigne pittore di quel tempo; e vi aggiunse le opportune dichiarazioni. Rem prælo commisi, atque illis tabellis alias adiunximus, quibus meum σκέλετον nuper in studiosorum gratiam constructum Ioannes Stephanus, insignis nostri sæculi pictor, tribus partibus appositissime expressit. Così il Vesalio dedicando quelle sei Tavole a Narciso Partenopeo Medico Cesareo con Lettera sparsa di belle notizie, da Padova il dì primo Aprile 1538. Nella terza poi di esse, contenente lo scheletro umano dalla parte deretana veduto, in un cartello stampato si legge Imprimebat B (Bernardinus) Vitalis Venetus sumptibus Ioannis Stephani Calcarensis. Prostant vero in officina D. Bernardi. A. 1538.
Appena per fama sono conosciute queste rarissime Tavole, impresse in gran foglio, accennate per altro dal Vesalio medesimo nella Lettera all’Oporino premessa all’opera grande, e dall’Haller, che mai non potè vederle, nella Biblioteca Anatomica sopra quel solo indizio registrate (T. I. p. 181.). Degna cosa pertanto fece il Dottore di Medicina Antonio Fantuzzi, che l’anno 1790, un bell’esemplare di esse alla Libreria di San Marco per testamento ne ha lasciato. Ora confrontando queste Tavole con le altre dell’Epitome e dell’opera grande del Vesalio, chiaramente si vede che l’artefice in tutte e tre le opere è lo stesso. Cosa poi sia un Liber Anatomicus cum epigraphe Titianus invenit & delineavit, Dominicus de Bonavera sculpsit Tr. folio, absque anno, meræ figuræ, riferito dall’Haller (Bibl. Botan. T. II. p. 740.), lo dicano quei che vedere lo possono; avendolo io indarno cercato. Osservo però che nella Serie degl’Intagliatori di Giovanni Gori Gan-