mo vedendo le antiche sue cose rare unite (I Marmi del Doni, P. III. p. 40. ed. Ven. 1552.). E scrivendo a Simone Carnesecchi gli ricorda di vedere fra le rarità di Venezia lo Studio del Vendramino, a cui egli servidore si professa (Tre libri di lettere del Doni, p. 185. ed. Ven. 1552.). Enea Vico nelli Discorsi sopra le Medaglie degli antichi alcuna ne adduce presso lui veduta (Ediz. Ven. 1555. p. 88.): e parimente il Goltzio professa che dagli eredi di lui altre gliene furono comunicate (Ind. oper. inscript. C. Iul. Cæs. &c. Lib. I. Brugis 1563.). Fu il palazzo di questo erudito gentiluomo nella contrada di Santa Fosca, dal Sansovino (Venetia citta nobilissima et singolare, p. 144. t.) annoverato fra li più belli di Venezia: il quale, dic’egli, fu già ridotto dei virtuosi della città; perciocchè vivendo Gabriello, amantissimo della pittura, della scultura, e dell’architettura, vi fece molti ornamenti, e vi raccolse diverse cose dei più famosi artefici del suo tempo; perciocchè vi si veggono opere di Giorgione da Castelfranco, di Gian Bellino, di Tiziano, di Michel Agnolo, e d’altri, conservate da’ suoi successori. E nelle Cose notabili di Venezia dell’edizione 1565. pag. 21. I Vendramini da Santa Fosca hanno un bellissimo Studio, dove sono disegni di mano di tutti gli eccellenti uomini che sono stati e che sono ancor vivi. Quivi vedrete parimente rilievi e teste in gran quantità, di maniera che vi satisfarete assai. Di questo medesimo Studio va inteso lo Scamozzio, quando descrivendo li musei e le gallerie di Venezia nel 1615, scriveva: Il Studio che fu del Clarissimo Sig. Gabriele Vendramino, copioso di molte statue e petti e medaglie, e buona quantità di pitture, si serba sotto sigillo, fino a tanto che venghi in essere alcuno della famiglia che ne abbi diletto. (Idea della architettura universale, P. I. Lib. 3. Cap. 19.).