lode di esser uno de’ più valenti scultori Lombardi (T. IX. p. 376. T. X. p. 47). Il Gaurico sopra citato dice pur bene di lui; ma osserva che gli veniva rimproverato di rappresentare membra d’Ercole dove meno lo doveva: Sed & iure optimo laudatur in Boiis Christophorus Gobbius, in quo nisi unum hoc damnant, quod assuetus Herculeos artus imitari, eo quidem sæpissime paullo temerius utitur.
(153) Vittore Camelo, volgarmente detto Gambello, dagli scrittori principali intorno agli artefici nobili appena nominato si trova. Nientedimeno opere sue furono li dodici Apostoli di naturale grandezza scolpiti in marmo, nel Coro della chiesa di Santo Stefano di Venezia collocati, e dal Sansovino a lui attribuiti (Venetia citta nobilissima et singolare, p. 49. t.); dal quale ancora si riferiscono come lavori suoi li due quadri di bronzo di mezzo rilievo, qui dinotati, nel sepolcro di marmo posto in aria di Briamonte Capitano illustre, nell’uno de’ quali è una battaglia pedestre, e nell’altro una a cavallo, scolpite da Vittorio Gambello (p. 95. t.). Fec’egli anche lavori di conio, ed Enea Vico primo lo mette fra gli artefici in sì fatto mestiere eccellenti (Discorsi di M. Enea Vico, Parmigiano, sopra le medaglie di gli antichi, p. 67.). Belle per verità sono varie medaglie da lui coniate e da me in parte vedute, con alcuna sua di getto. Sembra che prima fra esse sia stata una del Doge Agostino Barbarigo, con la testa di lui nel dritto e le parole avgvstin. barbadic. venetor. dvx, e nel rovescio il motto aeqvitatis et innocentiae cvltvs, ed al basso le parole victoris cam. v. dalle quali si potrebbe arguire che Veneziano il Camelo fosse. Due, che sono rarissime, ne fece ad onore delli fratelli Bellini: quella di Gentile ha da una parte la