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Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/106

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106 la libertà

questa verità. A dire il vero, nessuno la nega: è uno dei più sacri doveri dei parenti (o, secondo la legge e l’uso attuale, del padre), dopo aver messo al mondo un essere umano, allevarlo in modo che esso sia capace di adempiere a tutti i suoi obblighi e verso gli altri e verso se stesso; ma mentre tutti quanti riconoscono che tale è il dovere del padre, nessuno in Inghilterra si adatterebbe all’idea che altri l’obbligasse a compierlo. In luogo d’esigere che un uomo faccia qualche sforzo o qualche sacrificio per assicurare a suo figlio un’educazione, lo si lascia libero di accettare o di rifiutare questa educazione quando glie la si procura gratis. Non è ancora riconosciuto che mettere al mondo un ragazzo, quando non si abbia la fondata certezza di potere non soltanto nutrirlo, ma anche istruirlo e formare il suo carattere, è un delitto morale verso la società e verso gl’infelici rampolli, e che, se il genitore non adempie a quest’obbligo, lo Stato dovrebbe vegliare per farlo adempiere possibilmente a spese di lui.

Se l’obbligo d’imporre l’educazione universale fosse una buona volta ammesso, si porrebbe fine alle difficoltà su ciò che lo Stato debba insegnare e sul modo con cui debba insegnare; difficoltà che, per ora, fanno dell’argomento un vero campo di battaglia pei partiti e per le sette. Si perde così, a discutere sull’educazione, del tempo e della fatica che andrebbero meglio impiegate a dare l’educazione stessa.

Se il governo si decidesse ad esigere per tutti i ragazzi una buona educazione, si risparmierebbe l’incomodo di fornirne ad essi; potrebbe lasciar liberi i parenti di fare allevare i figli dove e come loro piacesse, e, secondo i bisogni di ciascuno, sia ajutare a pagare, sia anche pagare interamente le spese. Le obbiezioni che si oppongono giustamente all’educazione di Stato non sono già mosse al fatto che lo Stato impone l’educazione, ma al fatto che esso s’incarica di dirigerla: due cose affatto diverse. Io, più di chicchessia, mi opporrei a che tutta la maggior parte dell’educazione di un popolo fosse affidata allo Stato; tutto quel che si è detto sull’importanza dell’individualità di cacattere e della diversità di opinioni e di tenor di vita implica una eguale importanza della diversità di educazione.

Un’educazione generale fornita dallo Stato non è altro che un meccanismo combinato per gettar tutti gli uomini nel medesimo stampo; e poichè lo stampo in cui si gittano è quello che piace al poter dominante (sia poi esso un monarca, un’aristocrazia, una teocrazia o la maggioranza della generazione esistente) quanto più questa autorità è efficace e potente, tanto più essa stabilisce sullo spirito un dispotismo che tende naturalmente ad estendersi sul corpo. Un’educazione stabilita e sorvegliata dallo Stato non dovrebbe esistere, se non come esperimento, circon-