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Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/44

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44 la libertà

ogni rapporto quasi dispare tra questa credenza e la vita interiore dell’essere umano. Allora si vede, ciò che è quasi generale oggi, la credenza religiosa rimanere, per così dire, all’estremo dello spirito, pietrificata oramai contro tutte le altre influenze che s’indirizzano alle parti elevate della nostra natura; essa manifesta il suo potere coll’impedire a qualunque convinzione nuova e vivente di penetrarvi; ma non fa, di per sè, per lo spirito e pel cuore, null’altro che stare di guardia per conservarli vuoti.

Si può vedere fino a qual punto le dottrine in sè capaci di produrre la più profonda impressione sullo spirito possano restarvi allo stato di credenze morte, senza mai essere comprese dall’imaginazione, dal sentimento o dall’intelligenza, quando si esamina come la maggioranza dei credenti professa il cristianesimo. Io intendo qui per cristianesimo ciò che è tenuto per tale da tutte le chiese e da tutte le sette: le massime e i precetti contenuti nel Nuovo Testamento. Tutti i cristiani professanti li considerano come sacri e li accettano come legge; tuttavia, è la pura verità che non c’è forse un cristiano su mille che diriga o giudichi la sua condotta individuale secondo queste leggi: il modello a cui ciascuno d’essi s’inspira è il costume della propria nazione, classe o setta religiosa. E così egli ha, da una parte, una raccolta di massime morali che la divina saggezza, secondo lui, si è degnata di trasmettergli come regola di condotta; e dall’altra un insieme di giudizio e di pratiche abituali che s’accordano abbastanza bene con qualcuna di queste pratiche, meno bene con qualche altra, che sono direttamente opposte ad altre ancora, e che formano insomma un mezzo termine tra la credenza cristiana e gli interessi e le suggestioni della vita del mondo. Al primo di questi modelli il cristiano presta il suo omaggio; al secondo la sua vera obbedienza.

Tutti i cristiani credono che i poveri, gli umili, quanti insomma il mondo bistratta, sono ben felici; ch’è più facile a un camello passare per la cruna d’un ago di quello che sia ad un ricco entrare nel regno de’ cieli; che non devono giudicare per timore d’esser giudicati essi stessi; che non devono giurare; che devono amare il prossimo come sè stessi; che se alcuno si prende il loro mantello, essi devono dargli anche la loro veste; che per essere perfetti devono vendere tutto quello che hanno e darlo ai poveri.

I cristiani non mentono quando dicono di credere a queste cose: vi credono come a cose che hanno sempre sentito lodare e mai sentito discutere. Ma, se per fede vivente s’intende quella che è regola di condotta, essi credono a queste dottrine appunto per quel tanto che si ha l’abitudine di agire seguendole. Le dottrine, nella loro integrità, hanno il loro pregio per lapidare gli avversari, ed è sot-