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Pagina:Mill - La liberta, Sonzogno, Milano.djvu/77

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CAPITOLO QUARTO




DEI LIMITI AL POTERE DELLA SOCIETÀ

SULL’INDIVIDUO.

Dove sono dunque i giusti limiti della sovranità dell’individuo su sè stesso? Dove incomincia il potere della società? Quanta parte della vita umana dev’essere attribuita all’individualitá e quanta alla società? Ciascuna di esse riceverà la parte che le spetta, se avrà quella che la tocca più da vicino: la individualità deve governar la parte della vita che interessa specialmente l’individuo, e la società la parte che interessa specialmente il corpo sociale.

Sebbene, a base della società, non istia un contratto, e sebbene non serva a nulla d’imaginarlo per dedurne degli obblighi sociali, non di meno tutti quelli che ricevono la protezione dalla società debbono ripagarle questo beneficio: il fatto solo di vivere in società impone a ciascuno una certa linea di condotta verso gli altri.

Questa condotta consiste: 1.° nel non danneggiare gl’interessi altrui o piuttosto certi fra questi interessi che, sia per espressa disposizione di legge, sia per un tacito accordo, devono essere considerati come diritti; 2.° nell’assumersi ciascuno la propria parte (che dev’esser fissata secondo qualche equo principio) delle fatiche e dei sacrifici necessari a difendere la società o i suoi membri contro qualunque danno o vessazione. La società ha l’assoluto diritto d’imporre questi obblighi a quelli che se ne vorrebbero esimere. E non si riduce a questo ciò che la società può fare: gli atti di un individuo possono essere dannosi agli altri, o non dare una sufficiente importanza al loro benessere, senza giungere fino a violare alcuno dei loro diritti costituiti; il colpevole può allora esser punito dall’opinione, sebbene non lo sia dalla legge. Dal momento che la condotta d’una persona è dannosa agli interessi altrui, la società ha diritto di giudicarla, e la questione di