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capitolo quarto. | 89 |
Supponiamo ora un’altra eventualità che ha forse probabilità maggiore di esser mandata ad effetto. Tutti riconoscono nel mondo moderno una potente tendenza verso una costituzione democratica della società, sia poi essa accompagnata o no da instituzioni politiche popolari. Si dice che nel paese dove più prevale questa tendenza, negli Stati Uniti, dove si hanno la società ed il governo più democratico, il sentimento della maggioranza, a cui spiace qualunque modo di vivere troppo brillante o troppo dispendioso perchè essa possa sperar di uguagliarlo, fa abbastanza bene l’ufficio di una legge suntuaria; e vi sono, dicesi, molte parti dell’Unione, in cui una persona ricchissima può difficilmente trovar qualche modo di spendere la sua fortuna senza attirarsi la disapprovazione popolare. Sebbene, senza alcun dubbio, questo racconto esageri grandemente i fatti esistenti, tuttavia lo stato di cose ch’esso descrive non è soltanto concepibile e possibile; è il più probabile risultato delle idee democratiche alleate a questo concetto: che il pubblico ha diritto d’imporre il suo veto sul modo con cui gl’individui spendono le loro rendite. Ora noi non abbiamo che da supporre una notevole diffusione delle idee socialiste, e può divenire, agli occhi della maggioranza, infame il possedere qualcosa di più che una piccolissima proprietà o qualcosa di più che un salario guadagnato col lavoro manuale. Simili opinioni (almeno in principio) hanno già fatto grandi progressi nella classe operaja, e pesano in modo oppressivo sui suoi membri. Dirò una cosa molto nota: i cattivi operai (che sono in maggioranza in molti rami dell’industria) professano fermamente l’opinione ch’essi dovrebbero avere gli stessi salari dei buoni operai, e che non si dovrebbe permettere a nessuno, sotto pretesto di lavorare a cottimo o altrimenti, di guadagnare più degli altri, per la sua maggiore abilità o destrezza. Ed essi impiegano una polizia morale, che all’occasione diviene una polizia fisica, per impedire agli abili operai di ricevere e ai padroni di dare un compenso più grande ai servizi migliori. Se il pubblico ha la minima giurisdizione negli interessi privati, io non vedo qual sia la colpa di costoro, nè perché il pubblico particolare relativo ad un individuo possa meritare biasimo, quando pretende sulla costui condotta individuale il diritto preteso dal pubblico in generale sugli individui in generale.
Ma, per non fermarci alle ipotesi, oggi si invade grossolanamente il campo della libertà privata. Si minaccia di farlo anche di più con qualche probabilità di successo, e si predicano delle opinioni che rivendicano nel pubblico il diritto illimitato di proibire colla legge non soltanto tutto quello che esso trova cattivo, ma anche, per colpire più sicuramente quello ch’egli crede tale, molte cose che riconosce innocenti.