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Q U I N T O. 51

QUI GIACE IL FIDO IGILIO,
Che Filli amando hebbe sì dura sorte,
Che per lei corse a volontaria morte.
Fill.O parole, che i sassi
Potrebbono ammollire.
Igi.Intorno al primo ufficio, ardita destra.
Hai fatto ciò, che far doveasi; adempi
Hora il secondo estremo
Crudelissimo ufficio,
In un pietoso, e dispietato ufficio.
Fill.Ferma Igilio, non fare.
Igi.                                           Ahi chi mi tiene?
Fill.Son’io, non mi conosci?
Igi.                                           A dispietata,
Tu voi, ch’io viva per farmi morire
Di doppia morte in vita?
Fill. Per darti non la morte, ma la vita
Lieta, come tu brami,
M’hà qui condotta Amore,
Sarei ben di Macigno, se, veduta
Di te sì salda prova, i non volessi
Cangiar pensiero, voglia; io mi ti dono,
Togliendomi a colui, che indegnamente
Mi tenne un tempo in duri lacci avvolta.
Igi.Occhi miei, che vedete?
Orecchie mie, che udite? son’io desto,
O pur è questo un sogno?
Fill.S’à gli occhi tuoi non credi, & a le orecchie,
Almen credi a le mani, che sì stretta
Mi tengano, che mai sì strettamente
Alcuna pianta l’Edera non cinse,


A te,