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Q U A R T O. 36

Ov’è teso l’inganno,
E con nostro piacer restan prigioni,
Poscia, quando vediamo, che la rete
Carca n’è sì, che gli sostiene à pena,
I capi à poco, à poco
Allentiam de la fune, e quivi presi
Troviam diversi augelli in tanta copia,
Che non sappiam dove riporgli, e spesso
Con la rete gli augelli
Avviluppati insieme
Portiamo al nostro albergo.
Opi.Egl’è pur troppo vero,
Che chi teme del mal più, che non deve,
In vece di fuggirlo, alcuna volta
Nel peggio intoppa; testimon ne sono
Gli augei, di che tu parli, i quai temendo
Lieve rumore, inavedutamente,
Per fuggirsi da quel, corrono à morte;
Ma segui, se ti piace, che mi sembra
D’esser presente a tutto quel, che vai
Si maestrevolmente descrivendo.
Tir.Hor senti, Opico mio, di qual maniera
Prendiam dolce sollazzo, e’n quanti modi
Facciam di vari augei diverse prede,
Lunge dal mio tugurio,
Quanto in sei colpi tirerebbe un’arco,
Siede un’ombrosa valle,
Che di bellezza non invidia à quella
Tanto famosa d’Ida,


Ove