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92 Mitologia comparata.

luna, mani e dita meravigliose di fata, così piccole che può con esse preparare una camicia o un abito tanto fine che passi nella crua dell’ago o possa star chiuso entro il guscio di una nocciuola. Anche la luna Râkâ, nel Rigveda, appare intenta a cucire l’opera luminosa celeste, con un ago che non si rompe. Qual è quest’opera celeste? Il velo d’oro che l’aurora mattutina reca al sole suo sposo, il velo, l’abito, la veste, la camicia nuziale dei giovine sole; la tela che Penelope prepara, senza fine, allo sposo errante Ulisse. L’inno vedico, subito dopo aver nominato l’opera che Râkâ, la splendida luna, deve cucire, invita la stessa Râkâ a produrre l’eroe dai cento doni, degno di venir celebrato, ossia il giovine eroe solare. Più tardi questa stessa strofa divenuta una formola sacra, passò nel rituale dell’uso domestico, e, per ogni figlio nascituro sopra la terra, si ripetè a fine di buon augurio, la stessa invocazione. Chè, se rechi meraviglia il sentire come la luna, cucendo l’opera, produce un figlio, può scemar questa meraviglia, quando si pensi pure al probabile equivoco di linguaggio nato tra le radici siv, syu, sû, cucire (onde il vedico sûcî l’ago, quello che cuce), onde la parola indiana sûtra filo, la parola latina suere cucire, e la radice generare, onde le voci sanscrite sûta, sunu il figlio. Il cucire come il creare è un mettere insieme, un aggiungere, un aggregare. Io ho fin qui indicato un solo aspetto della luna vedica, la luna mediatrice, la luna proteggitrice dell’eroe e dell’eroina solare; la lampada che illumina la via acquosa ai due amanti Ero e Leandro è una