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Miti ario-africani. 127

Vediamo, anzi tutto, quale sia il contenuto di questi primi quattro fascicoli, i quali occupano già insieme 96 pagine.

Primo fascicolo. — Notiamo anzitutto un carattere assai frequente nelle storielle africane; quei popoli credono alla metempsicosi, non solo nella vita futura, ma in questa vita stessa; come i Francesi credono ancora al loup garou, nel quale, per forza d’alcuna stregoneria, un uomo od una donna può trasformarsi, e durare fin che un cacciatore pietoso col lacerare quella veste animalesca non restituisca alla persona stregata la sua forma primitiva, anche i popoli dell’Africa australe suppongono che, sotto l’aspetto di alcune bestie si celino uomini, serbando ancora tutti i loro sentimenti umani, che quell’aspetto sia, per lo più, conseguenza d’una maledizione, e che da quella maledizione liberi l’ossesso il bacio d’una donna. Come ognuno può vedere, la novellina francese della bella e della bestia, la quale, alla sua volta, ha molti punti di contatto con l’antica favola di Amore e Psiche, si ritrova pure fra i Cafri. Come si può spiegare un fenomeno così curioso? È egli possibile immaginare che la stessa nozione mitica siasi spontaneamente generata in un cervello cafro e in un cervello ario? Io non sono molto disposto a crederlo. E sapendo come e quanto viaggino le leggende popolari, e quanta varietà di forme assumano viaggiando, credo piuttosto che una nozione aria penetrata, per un accidente storico del quale ci manca, per ora, il filo, tra popoli africani, abbia dato occasione ad una nuova manifestazione d’antico mito particolarmente ariano.