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Miti ario-africani. 133

dormire. I lioncini giuocavano all’intorno; nel giuocare, s’accostarono allo struzzo addormentato. Nel dormire, lo struzzo teneva aperta la bocca. Allora i lioncini videro che lo struzzo non aveva denti. Essi vennero alla loro madre e dissero: «Questo compagno che dice esserti uguale non ha denti esso si burla di te.» Allora il leone svogliò lo struzzo e gli disse: «Sorgi, combattiamo.» Ed essi combatterono. E lo struzzo disse: «Tu va a quella parte di questo formicolaio, io andrò da questa.» Lo struzzo diè un colpo al formicolaio e lo lanciò verso il leone. Quindi colpì il leone al fegato e l’uccise.»

Non è, del resto, la prima volta, che, nella favola, il re degli animali, il leone, ha la peggio nelle sue gare e ne’ suoi conflitti. I lettori dell’indiano Panciatantra non si formano di certo una idea superlativa del coraggio e dell’accorgimento del leone, che ora teme del toro, ora del montone, ora dell’asino, ora dello sciacallo, che fa straziare prima dal leone la pelle dell’elefante di cui vuole mangiare la carne. La favola è certamente d’origine indiana; ma lo struzzo le diede un colorito specialmente africano.

Lo stesso fascicolo, presso questa favola, contiene ancora una novellina Setshuâna. Anche qui il motivo leggendario non è punto nuovo; i lettori di Firdusi conoscono troppo bene le virtù dell’uccello solare Simurgh che protegge il neonato eroe; ed è popolare tra i latini il ricordo dell’uccello Picus nutritore di Romolo e Remo; le novelline popolari indo-europee, poi, nelle quali appare un’aquila salvatrice dell’eroe, sono numerosis-