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Miti ario-africani. 147

tante credenze così mirabilmente concordi con le nostre fossero un prodotto spontaneo del suolo africano. Ma io temo aver già accennato a sazietà il mio sospetto che la maggior parte delle tradizioni ed usanze africane muova da una fonte originaria indiana. Non insisterò dunque altrimenti su questo argomento, riducendomi ad esporre il contenuto del quarto fascicolo della curiosa raccolta che vede la luce alla Città del Capo.

Quarto fascicolo. — Oltre la favola del Daino ed il romanzo di Unyengebule che merita riscontro col mito egiziano di Batu, e con la serie numerosa di novelline indo-europee, ove l’eroe o l’eroina che una morte violenta uccise riappare in forme ora di pianta, ora di uccello, a raccontare i suoi casi funebri, la storia di Ngangezwe e Mnyamana, ossia dei due fratelli, de’ quali l’uno invidia il potere dell’altro e cerca di perderlo (ben noto motivo della tradizione popolare indo-europea come pure dell’egiziana), il fascicolo contiene alcune notizie dello Zululand, con le quali prenderò congedo dai lettori. Da esso apparirà in che modo si fa la storia presso gli Zulù. Ecco in qual forma si trova già descritta una delle loro vittorie sopra gli Inglesi in un loro racconto che diventerà probabilmente popolare, per gli elementi sovrannaturali che sono tosto venuti ad alterarlo:

«In uno de’ campi degli uomini bianchi (gli Inglesi), nel paese degli Zulù, quando gli uomini bianchi stavano riposando, arrivò un Zulù vecchio decrepito, inerme, che appariva disfatto da-