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Il fuoco. 61

tono ch’ei parla troppo libero e che ne risentirà maggior danno dal figlio di Saturno di cui il cuore è implacabile. Ma Prometeo è sicuro per l’avvenire, egli sa che, per quanto aspro si mostri ora Giove, verrà un giorno in cui si farà mite, e, rimesso alquanto del proprio sdegno, ricercherà l’amicizia di Prometeo, il quale, pregato quindi dalle ninfe, racconta la cagione de’ suoi mali presenti.

Vi era discordia fra gli Dei; gli uni volevano Saturno; gli altri Giove; i titani figli del Cielo e della Terra approfittarono di quell’occasione per muover guerra agli Dei, se bene sconsigliati da Prometeo. Temi e la terra insegnarono allora a Prometeo che si vincerebbe meglio con l’arte che con la forza. Saturno co’ suoi ausiliari venne precipitato nel Tartaro; Giove, aiutato da Prometeo trionfò, ma come torna ad osservare satiricamente il libero poeta Eschilo odiator di tiranni, «il tiranno degli Dei, così beneficato da Prometeo, mostrossi ingrato, poichè è vizio de’ tiranni non prestar fede agli amici». Prosegue Prometeo a narrare che Giove, appena salito sul soglio, incominciò a distribuir premî tra gli Dei, dimenticando intieramente il genere umano, ch’egli voleva distruggere per crearsene un altro più devoto. Il solo Prometeo osò resistere a quel decreto di Giove, salvando gli uomini dall’estremo eccidio; e, per amor degli uomini, sacrificò sè stesso, anticipando così di molti secoli la vita mirabile dell’indico Buddha e quella del Figlio di Dio, nel nome del quale siamo cristiani. Prometeo aggiunge pure ch’ei liberò gli uomini dal