vitale sopra la terra, ma propiziavano il cielo, perchè il fuoco si riaccendesse ogni giorno ne’ suoi varî aspetti celesti; il sacrificio pagano era simbolo d’un gran sacrificio celeste di qualche nume, che, ogni giorno, nel cielo, pareva all’occhio de’ pii mortali sacrificarsi per l’umanità; la leggenda vedica del giovine Sunassepa, che viene sacrificato dal padre e che l’Aurora invocata viene a liberare, è una poetica rappresentazione del sole che ogni sera entra come in un vasto rogo, e da cui l’aurora mattutina viene a liberarlo. Così, nel sacrificio cristiano della Messa viene ancora simboleggiato, dai ceri ardenti sull’altare, il sacrificio del figlio di Dio e la vita eterna. La religione cristiana dovette, per divulgarsi, accogliere molti riti pagani; perciò ancora le tede nuziali, le faci funerarie romane si ritrovano anche nelle nozze, ne’ funerali cristiani, poichè la fiamma ardente simboleggia per noi come per gli antichi la vita immortale. Così ne’ Vedi, insieme con l’Agni sacrificale arreca specialmente al devoto le splendide gioie del giorno, l’Agni funebre, il fuoco del rogo guida la parte immortale, l’anima del trapassato di cui, nutrendosi, consuma le carni, all’eternità degli splendori celesti; se perciò l’Aitareya Brâhmana chiama Agni, il fuoco col nome di filo, ponte, via, per la quale si va agli Dei; per esso, è ancora detto, possono gli uomini arrivare al cielo e rallegrarsi in gaudio comune con gli Dei. Agni come disperde in terra, per mezzo del fuoco sacrificale, la tenebra notturna, così nel cielo è figurato qual distruggitore del mostro, rakshohan, vincitore di mille,