Pagina:Monete dei romani pontefici avanti il mille.djvu/47

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dedussero la sommissione dei papi all’impero, quando tali parole, come ben dimostri il Santelli1, non significano già che Leone abbia fatto verso di lui alcun atto di soggezione, ma che lo salutò imperatore portando la destra ad os, come usavasi con personaggi elevati.

Il nostro celebre annalista riferisce ora quanta dice l’autore degli annali franchi pubblicati dal Lambecio2, cioè che siccome era presso i Greci cessato il nome d’imperatore, regnando Irene, s’era deciso nel concilio allora tenutosi in Roma, di eleggere ad imperatore Carlo qui ipsam Romam tenebat, parendo giusto che chi comandava a tante provincie già costituenti una gran parte dell’impero tal titolo portasse, al che egli umilmente acconsentì. Il Muratori aggiunge che appunto come padrone mandò a Roma i suoi messi, e poi venne egli stesso a far giustizia dei calunniatori del papa, il quale aveva concertato col clero e popolo d’incoronare inaspettatamente Carlo, al che questi si sottomise perchè vedeva essere l’unanime volere di tutti.

Ma esso doveva conoscere che se Carlo comandava in Roma era solamente in qualità di patrizio, e che dal momento che cessò d’esserlo diventando imperatore, giurò subito di osservare quello che era principal carico del patriziato. Impossibile poi che la sua elezione fosse in un concilio stabilila, narrandoci Eginardo presente ed autore della vita di questo imperatore, che Carlo disse, che se avesse conosciuto prima che il pontefice voleva incoronarlo, quantunque fosse giorno sì solenne, non sarebbe intervenuto alla sua messa, e ciò per umiltà. Che se la cosa fosse avvenuta come dall’annalista Lambeciano si narra, era impossibile che esso non l’avesse subito saputo, ed allora non avrebbe detto tali parole.

Non istà poi il paragone che lo stesso Muratori fa per provare la sovranità di Carlo sopra Roma dal vedersi il suo nome sulle monete dei papi come sopra quelle di Grimoaldo duca di Benevento, chè questi era divenuto vassallo di esso come prima lo era dei re longobardi, quando i papi mai furono vassalli di alcun principe.

Il primo atto del nuovo imperatore fu di giudicare e punire quelli che avevano sì maltrattato Leone e pronunciò contro essi sentenza di morte, commutata ad intercessione del papa in esilio. Continuò poi sempre tra essi la buona armonia che da principio abbiamo veduto esistere, nè punto potè venir alterata dalle prepotenze di alcuni messi imperiali, che si appropriarono multe spettanti alla Chiesa, e destituirono giudici dal papa nominati, insomma

  1. Oltraggio fatto a Leone III ed a Carlo Magno in un quadro. Roma, 1815. 4°
  2. Muratori, R. I. S. T. II, P. II, col. 115.