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56 CANTO


LXVIII.


Chi spinto dalla sordida avarizia
     Roba, e denari accumular procura
     Con inganni, con arte, e con malizia,
     Con illeciti mezzi, e con l’usura,
     Senza temer di Dio l’alta giustizia;
     Purchè buschi de’ soldi, egli non cura;
     Anzi brama dal Cielo, altrui moleste,
     La carestia, la grandine, e tempeste.

LXIX.


E per mostrarsi sempre esser padrone
     Delle sostanze sue, per testamento
     Lascia agli eredi con obbigazione
     Di far citarlo spesso nel Memento,
     E per l’anima sua far orazione,
     Con assegnarli e cento scudi, e cento,
     E dice poi, ma con bugiardo suono,
     Che questi lascia, e pur legati sono,

LXX.


O razza budellona, e maladetta,
     Che non ti cavi mai d’oro la sete!
     Sappi, che in breve il Diavolo ti aspetta,
     Ed a bever t’invita al fiume Lete:
     Non so se l’oblazione il Cielo accetta,
     Che dopo morto fai; quantunque il Prete
     Requiem æternam dica a tua richiesta,
     Quando che sei defonto, o Nobis præsta.