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grandi maestri. Ma lo scrittore Aretino, non solo non vide quanto di pregevole vi era in opere antiche, ma tacque dei nostri migliori; nè degna dei suoi scritti che Girolamo Santacroce, Marco Calabrese, Cola della Matrice e Giovanni Merliano da Nola, affermando che Giotto «FU IL PRIMO A FAR VEDERE NELLA NOSTRA CITTÀ COSE GRANDI ED ONOREVOLI; e nella vita di Marco SI RALLEGA DI AVERE FINALMENTE TROVATO UN BUON PITTORE IN UN PAESE, DOVE NON NASCONO UOMINI DI SIMILE PROFESSIONE. Minuto, diligente, pazientissimo nel raccogliere le notizie dei maestri Toscani, le opere dei quali ricorda, giudica ed illustra, mostra d’ignorare del tutto le cose che ci appartengono, e spesso cade in grossolani errori, che egli avrebbe potuto in buona parte evitare.

Gli scrittori che tennero dietro al Vasari, seguirono le orme di lui; e gli artisti Napoletani, dimenticati, disprezzati e peggio, non ebbero diritto alla venerazione ed alla riconoscenza dei posteri: non si volle riconoscere resistenza di una scuola e di una arte Napoletana, già fiorente fin dai tempi Ducali, tempi gloriosissimi per Napoli, Benevento, Amalfi, Salerno, Ravello, Capua; arte, la quale progredendo sempre nei secoli posteriori, splendida apparve durante il glorioso regno dei Normanni e degli Svevi; nè tener presente la differenza ed il fare diverso che distingue Francesco e Fabrizio Santafede, Bernardo Lama, Cavallino, Falcone, del Po, Micco Spadaro, Salvator Rosa, Luca Giordano, Giacinto Diana, il Solimena, e gli artisti dell’altre scuole italiane. Ad onor del vero, vanno ricordati il Malvasia di Bologna, il Ridolfi di Venezia, il Maffei di Verona, il Dedominicis di Napoli, e l'abate Lanzi, che in epoche diverse non seppero acconciarsi alla rude sentenza, e dubitarono delle ardite affermazioni dello scrittore delle Vite dei più eccellenti artefici della Toscana. Il Lanzi, uomo di acerrimo ed imparziale giudizio e di gusto finissimo, PRESTA FEDE alla esistenza di una scuola Napoletana, dalle sue origini fino ai tempi suoi, da lui posta per bene tra le scuole Romana, Bolognese, Fiorentina, Veneta e Lombarda: il Dedominicis volle mettere in luce il merito ed il valore dei nostri maestri, illustrandoli col suo libro — Le Vite dei pittori, scultori ed architetti Napoletani. Ma per male inteso amor di patria, egli in questa opera non dubitò di falsificare documenti, nomi di artisti, opere, date, accumulando inesattezze ed errori, e traendo dalla sua fantasia le memorie del Cavaliere Massimo, di