Pagina:Moore - Il profeta velato, Torino, 1838.djvu/61

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Di pensier forti e di sublimi imprese,
160Nè in grembo di boschetti al piacer sacri
I suoi fochi divini alimentava
La prisca libertà; nè i sacri mirti,
Ond’ella avvolse il vincitor suo brando,
Crebbero ai raggi d’una luce infausta
165Che in vece d’avvivar dona la morte,
Ma si nudriro de’ robusti fiati
Dell’eterea virtù, che sola induce
Vita e splendor di libertà ne’ serti!
Oh! chi — se mira a questa stretta ajuola
170Che noi calchiamo, alla brevissim’ora
Che nel corso del tempo il viver segna,
All’istmo angusto che li duo divide
Da nessun lido circoscritti mari,
Il passato e il futuro, entrambo eterni —
175Chi vorrebbe macchiar la luminosa
Stanza terrena o sterile lasciarla
Quand’ei puote innalzarvi un tempio altero
Ed un nome legar che lungamente
Tutto d’intorno ne consacri il loco
180E sia d’ogni più pura alma il sospiro?
No; possibil non è che un uom mandato
Da Dio quaggiuso a sterminar menzogna,
Un profeta del ver, che trae dal cielo