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Pagina:Morandi - Origine della lingua italiana.djvu/28

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qualcuna di quelle alterazioni che la parola latina pativa in bocca di genti, le quali pronunziavano Muntus fuld tezibi, invece di Mundus vult decipi. Invano vi si cercherebbe quel miscuglio di suoni disformi, che, per esempio, attesta nell’inglese la duplice origine anglosassone e normanna; o quella promiscuità di forme, che attesta nel persiano la prolungata influenza dell’arabo.1

D’altra parte, molti caratteri organici fondamentali delle nuove lingue (se si eccettuano alcune anomalie, specialmente del valacco) essendo

  1. Crf. Caix, Saggio sulla Storia della lingua e dei dialetti d'Italia; Parma, 1872; Introduz., pag. XLIX e L. — “Una sola delle lingue uscite dal latino fu alterata nell’intimo suo svolgimento dai contatti con altre lingue, la valacca. Ma questa lingua crebbe e si formò in condizioni affatto diverse dalle altre. Quel paese fu degli ultimi a ricevere la lingua latina, e i coloni mandativi da Traiano erano presi non dal solo Lazio e dall’Italia, ma, secondo l’espressione di Eutropio, da tutte le parti dell’Impero (ex toto orbe romano). Un secolo dopo o poco più, cominciavano quelle continue invasioni e devastazioni che non ebbero termine che al XV secolo. Fin dal 270 infatti, Aureliano era stato costretto a trasferire al di là del Danubio la sede del governo e le legioni, spaventato dai progressi dei barbari; e da quel tempo tace la lista dei governatori romani della Dacia, compilata dal Borghesi colle medaglie e colle iscrizioni raccolte nella provincia. Qui dunque il latino, benché costituisca sempre il fondo principale della lingua, non potè non soffrire della prevalenza degli elementi barbarici. Non solo una metà del lessico valacco è di parole albanesi, turche, magiare, tedesche, greche e soprattutto slave; chè, mentre nelle altre lingue romane.... gli elementi stranieri si modificarono secondo le leggi e le analogie delle voci latine; qui le parole slave passarono nell’uso non assimilate nè modificate, e la grammatica diè luogo a costrutti e forme straniere, alterando così profondamente lo svolgimento e il carattere dell’idioma.„ (Id., ibid., pag. LXIV.)