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sono, secondo il Diez,1 circa 300 voci germaniche.2 Il francese, inoltre, ne possiede in proprio circa

  1. Op. cit., vol. I, pag. 59-60.
  2. Intorno alle quali però si devono tener presenti queste acute considerazioni dell’Ascoli: “Se ci fosse ancora bisogno di aggiungere argomenti contro le ipotesi delle profonde modificazioni, e variamente profonde secondo le diverse regioni romane, che l’organismo latino abbia sofferto per l’immissione germanica, se ne potrebbe ricavare uno di più, e tutt’altro che lieve, dal fatto che una così cospicua porzione degli elementi lessicali germanici, entrati a far parte degl’idiomi latini, occorra ugualmente in tutte codeste favelle. Poichè il fatto di questa comproprietà generale, che giustamente eccitava la meraviglia del Diez (gr. I3 67), dovrà senz’altro ripetersi, nella maggiore e più importante sua parte, dalla molta antichità dell’immissione, e l’innesto perciò risalire a un’età in cui tanta era ancora la vitalità propriamente romana, da non potervi di certo il linguaggio latino andar modificato, e anche variamente secondo le varie contrade, per virtù di un’infiltrazione che era esigua per sé, ed era poi la stessa dappertutto. La comunanza di codesti elementi germanici riesce anzi affatto inconcepibile se non le si trova una ragione storica la quale si connetta, o addirittura s’indentifichi, con quella dell’estendersi della parola latina al di là dei confini dell’Italia, e sia perciò anteriore alle invasioni germaniche. Ora una tal ragione storica, bastevole e congrua per ogni lato, io la vedo, molto semplicemente, nel legionario di Roma, o sotto le insegne o fatto colono; la vedo, in altri termini, nel linguaggio castrense, al quale l’elemento germanico delle truppe ausiliari e le “guardie„ teutoniche dovevano aver dato una gran parte delle trecento voci tedesche che si trovan comuni alle diverse favelle neo-latine. Vegezio, nella seconda metà del quarto secolo, adducendoci burgus quasi termine tecnico per “castellum parvulum„ (quem burgum vocant), ci dà un bell’esempio di codesta serie esotica che già a’ suoi tempi dovea parer di patrimonio latino, anziché roba estranea e d’importazione recente. I criterj fonologici suffragheranno poi alla lor volta il raziocinio storico; e così è bello vedere il t- dello stadio gotico (non lo z- dello stadio alto-tedesco) in tirare toccare torba taccagno, che son tra codeste voci comuni, o i nessi -rd- -ld- dello stesso stadio gotico (non rt lt dell'alto-tedesco) in ardito falda, ed altri, che pur sono della categoria medesima.„ (Arch. Glott., vol. II, pag. 413.)