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tro dell’arcaismo, mentre invece le forme allungate sono neologiche, nascendo esse dalla necessità di assicurare il senso delle parole che va oscurandosi.„1

Si badi però, che con tutto questo non vogliamo dire che nell’opinione di coloro, i quali fan derivare le lingue romanze dal latino rustico, non ci sia nulla di vero. Già, dicendo che codeste lingue derivano dal latino parlato da tutti (il quale, s’intende, quattro o cinque secoli dopo, non poteva esser più quello del tempo d’Augusto; nè mai, in Francia o in Spagna, potè essere lo stesso che in Italia), nel tutti, naturalmente, noi ci comprendiamo anche i rustici. E poi, bisogna anche aggiungere che l’elemento rustico, allo sfasciarsi dell’Impero, al decadere di quella splendida civiltà, ai primi albori della civiltà nova e cristiana, fu di certo in prevalenza sull’elemento nobile. Questo però, oltrechè non fu mai spento del tutto, andò riprendendo a poco a poco il suo posto, col risorgere graduale della coltura. E se, per esempio, in Italia, non si potè più sbandire le voci del latino rustico putus e catus (“putto„ e “gatto„), e risostituirvi dal latino civile puer e felis; si potè bene però conservare dallo stesso latino civile le voci pueritia, puerilis, puerilitas e felinus, le quali, nelle forme corrispondenti italiane, e con l’avverbio puerilmente per giunta, vivono ancora nell’uso di tutte le persone educate.

Qui, dunque, gli equivoci nacquero principal-

  1. Op. cit., vol. I, pag. 36.