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regola generale, vanno in questo caso pienamente d’accordo? E poi, se pure si riuscisse anche noi a distinguere tutte le voci di formazione non popolare; con ciò non si sarebbe provato nulla in favor dell’assunto che l’italiano e gli altri idiomi romanzi derivino dal latino rustico: come non prova nulla l’averle distinte in francese; giacchè, per esempio, Dio solo ormai potrebbe fornirci le prove che in Francia gli aggettivi latini innocens e felinus siano affatto scomparsi per un certo tempo dall’uso, e poi siano risuscitati per opera esclusivamente letteraria. L’unica cosa che si può dire con sicurezza è che per innocent e félin in francese, come forse per puerizia in italiano, le classi civili non si piegarono alla fonetica popolare; anzi imposero al popolo la fonetica propria. Ma tutto induce a credere che, anche quando il latino era, per dir così, in agonia, la maggior parte di simili voci si trovassero nell’uso vivo delle persone civili, allora incomparabilmente più ristretto che ora, ma vivo. E se non s’incontrassero mai nelle scritture latine o nelle semivolgari di que’ tempi, nè in quelle addirittura volgari di tempi posteriori, non sarebbe certo una buona ragione per dichiararle allora morte, e risuscitate soltanto più tardi per opera dei letterati. Nè a dichiarar tali alcune di esse, basta l’altra ragione del vederle oggi usate dai soli scrittori, o anche esclusivamente dai soli poeti; giacchè, a questa stregua, chi non giudicherebbe d’origine letteraria le voci cetra, alma, léce (da licet), e rio (da reus), le quali invece son tutte di schiettissima forma-

4 — Morandi, Origine della Lingua italiana.