Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/234

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conservandolo per una vita ulteriore resagli intollerabile o da patimenti fisici o da patemi morali. È lecito chiedersi se, in luogo di essere un atto pietoso, il salvataggio di un suicida non costituisca un atto sostanzialmente crudele: perchè infliggere nuovamente dolori o sventure a chi non si sente più la forza di sopportarli? Ma in Cina chi salva un suicida è obbligato ad assumersene di poi il mantenimento: dovrà anzi pagarne i debiti, se la causa del disperato proposito erano imbarazzi finanziari; questa usanza è il contrappeso dell’altra pure Cinese, e già ricordata, che chiunque spinga altri a suicidarsi è condannato a risarcimento verso gli eredi! Nei nostri Paesi, invece, la simpatia verso i nostri simili, ci porta bensì a trattenere un suicida nell’atto in cui sta per lanciarsi dall’alto o per appiccarsi, e non pensiamo in quel momento a un suo debito ulteriore di riconoscenza per averlo salvato; ci esponiamo, anzi, ai suoi rimproveri e alla sua collera per il nostro intervento. Il più delle volte però il salvatore è rimeritato almeno col fatto che il disperato tentativo non vien più ripetuto.

Noi vediamo che l’imminenza della Morte cambia abbastanza spesso le abitudini di pensiero. Alcuni che furono durante tutta la vita dei “liberi pensatori„, all’ultimo momento hanno “paura dell’Al di là„ e soprattutto “dell’Inferno„ (“chi sa mai? non potrebbe anche esserci una punizione ultraterrena„, ecc.); essi domandano il prete. Ciò colpì molto la