Pagina:Morselli - L'uccisione pietosa (L'eutanasia), Torino, Bocca, 1928.djvu/66

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simo atroce il grido monotono del loro bimbo che muore per meningite o per idrocefalo, e non ha peranco offuscata la coscienza così da versare in quel torpore che già sa di morte, e da non più avvertire la pressione che il processo morboso esercita sulle terminazioni dei nervi endocranici sensibili! Quanto straziante non è pei parenti il sibilo orrendo del fanciullo, che si spegne asfissiato dalle pseudo-membrane della difterite, e pare chiedere, col suo sguardo vitreo e spaventato, agli infelici genitori, al medico impotente, che gli ridiano l’aria di cui si sente mancare!

E quante persone assennatissime, moralissime, affezionatissime, circondando il letto di un loro caro che sta morendo, non si augurano in cuor loro di non più udire quel rantolo cavernoso, di non più vedere quegli inutili aneliti di una lenta, indeprecabile agonia!... Tutti questi spettatori angosciati provano il folle impulso di impetrare dal Cielo in cui credono e che pur tuttavia rimane impassibile, o dal medico che potrebbe pure cedere ad un sentimento di pietà, che facciano finire quegli strazi delle loro creature.

Se non che, nei casi di malattie esaurienti o cachettiche, il termine “agonia„, preso nel senso largo di lenta, inesorabile dissoluzione della personalità fisica e psichica, non può svegliare l’idea di un dolore così acuto; e l’eutanasia non potrebbe essere invocata