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il mio diario di guerra 25

que. Mi sono chinato su una rozza croce di legno e ho letto.

Oscar De Lucia, sergente

morto il 13 settembre 1915.

Le altre croci non recano nomi. Sono fosse collettive.

Poveri morti, sepolti in queste impervie e solitarie giogaie! Io porto nel mio cuore la vostra memoria!

Ci siamo accovacciati fra i sassi, sotto le stelle.

Un ufficiale è passato fra noi e ci ha ordinato di caricare i fucili e di innastare le baionette. Nessuno, per nessun motivo, deve abbandonare il proprio posto!

Alle dieci è incominciata l’azione. Ecco il pam secco e fragoroso dei fucili italiani. I fucili austriaci affrettano il loro ta-pum. Le «motociclette della morte» incominciano a galoppare. Il loro ta-ta-ta-ta ha una velocità fantastica. Seicento colpi al minuto. Le bombe a mano lacerano l’aria. Dopo mezzanotte il fuoco è di una intensità infernale. Razzi luminosi solcano ininterrottamente il cielo, mentre si spara disperatamente su tutta la linea Raffiche di pallottole scrosciano sulle nostre teste.

— A terra! A terra! — si grida.

Ma io debbo alzarmi per cedere il mio posto a un ferito che ha le braccia massacrate dallo scoppio di una bomba. Mi chiede con voce lamentosa dell’acqua, ma il soldato portaferiti mi prega di non dargliene. Copro il ferito con la mia coperta di lana. Fa freddo. Dopo mezzanotte una esplosio-