Pagina:Mussolini - Il mio diario di guerra, 1923.djvu/143

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benito mussolini 135

E la mia conclusione è questa: il «morale» dei soldati italiani è buono: i soldati italiani sono disciplinati, coraggiosi, volonterosi. Sapendoli prendere per il loro verso, considerandoli capaci di ragionamenti e non semplici numeri di matricola, si può ottenere dai soldati italiani tutto ciò che si vuole; dal lavoro oscuro della corvée all’assalto irruente e micidiale della baionetta.

Una compagnia in guerra ha circa 250 uomini. Dal punto di vista del «morale» si possono dividere in gruppi nella maniera seguente.

Ci sono 25 soldati — artigiani, professionisti e volontari italiani — che sentono le ragioni della nostra guerra e la combattono con entusiasmo.

Altri 25 sono quelli tornati volontariamente dai paesi d’Europa o da quelli d’oltre Oceano. Gente che ha vissuto; gente che ha acquistato una certa esperienza sociale. Sono soldati ottimi sotto ogni rapporto. Ci sono una cinquantina d’individui — giovani — che fanno la guerra volentieri. Il grosso della compagnia — un centinaio — è rappresentato da coloro che stanno fra i rassegnati e i volonterosi: accettano il fatto compiuto, senza discuterlo. Sarebbero rimasti volentieri a casa, ma ora la guerra c’è e sanno compiere il proprio dovere.

Ci sono in ogni compagnia una quarantina di individui indefinibili, che possono essere valorosi o vigliacchi, a seconda delle circostanze. Il rimanente si compone di refrattari, di incoscienti, di qualche canaglia che non sempre ha il coraggio di rivelarsi, per la paura del Codice Militare.