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156 benito mussolini


due giorni e una notte, insieme con la mia pattuglia di volontari esploratori.

Tutto è andato bene. Il nostro fuoco cominciò alle 15 di domenica scorsa. La fucileria nemica si fece appena sentire. Chi lavorò fu, come al solito, il nostro e il «loro» cannone. Quando gli austriaci si avvidero della nostra presenza in un certo bosco che fronteggia immediatamente le loro posizioni, cominciarono a bombardarci in piena regola. Non erano grossi calibri (credo fossero bocche da 75, 105, 120 e qualche 155), ma le granate piovevano — letteralmente — a quattro a quattro, con un intervallo di uno o due minuti. L’artiglieria nemica frugò e bucò — così — per almeno un paio d’ore o tre, tutto il bosco, dall’alto al basso. Una granata da 120, scoppiata fra me e un alpino, ferì quest’ultimo, ma non gravemente, a un braccio.

E il pomeriggio finì in una relativa calma, che fu di breve durata. A notte più alta, alcune fucilate di pattuglie richiamarono al fuoco l’artiglieria nemica. Ricominciò il bombardamento a shrapnels. Spettacolo fantastico, sinfonia in grande stile. Noi eravamo all’addiaccio sotto una pioggia temporalesca, riparati contro il grosso tronco di un abete. Io e l’amico Reali, testa a testa. Nel breve intervallo fra uno shrapnel e l’altro, si lavorava furiosamente di piccozzino e di mani per scavarci la buca sempre più profonda. Il colpo di partenza ci metteva sull’avviso. L’orecchio «abituato» distingueva in quale direzione filava il proiettile e quando si diceva: — Questo è per noi! — giù colla testa...

La fiamma dello scoppio incendiava il bosco per