Pagina:Mussolini - Il mio diario di guerra, 1923.djvu/208

Da Wikisource.
198 benito mussolini

freddo. Le prime messe erano per le vecchie mattiniere. Quando le vedevamo spuntare al di là della Piana, era il nostro turno. Ricordo: io seguivo mia madre. Nella chiesa cerano tante luci e in mezzo all’altare — in una piccola culla fiorita — il Bambino nato nella notte. Tutto ciò era pittoresco ed appagava la mia fantasia. Solo l’odore dell’incenso mi provocava un turbamento che qualche volta mi dava istanti di malessere insopportabile. Finalmente una suonata dell’organo chiudeva la cerimonia. La folla sciamava. Lungo la strada, un chiacchierio soddisfatto. A mezzogiorno fumavano sulla tavola i tradizionali e ghiotti cappelletti di Romagna. Quanti anni o quanti secoli sono passali da allora? Un colpo di cannone mi richiama alla realtà. E’ Natale di guerra.

Nella trincea è un silenzio pieno di segrete nostalgie. Natale magro. Dei doni mandati dal Comitato, alla mia compagnia sono toccati mezza dozzina di panettoni e altrettante bottiglie... Il rancio poi è stato specialissimo: baccalà in umido con palate. Figurarsi!

26 Dicembre.


Mattinata insignificante. Nel pomeriggio, improvviso risveglio delle nostre batterie. Un tratto della «loro» trincea di prima linea, è saltato per aria. Di rimando, essi hanno lanciato alcune bombe su quota 144. Mentre scrivo, i tedeschi lavorano... per noi. Padre Michele è venuto a trovarci,