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il mio diario di guerra 15


nuncia anche, che verso mezzogiorno il colonnello ci passerà in rivista e ci terrà una «morale». Sono le undici quando la tromba alla porta suona l’attenti: è il colonnello che entra in caserma. Usciamo nel cortile, armati senza zaino. Formiamo una specie di quadrato. Suona un’altra volta l'attenti. Il tenente colonnello parla. Discorso terra terra. Bisogna trovare altri accenti quando si è dinanzi a uomini di trenta e più anni. Bisogna considerare i soldati come uomini, non come matricole. Pei graduati c’è un supplemento di morale, fatto dal tenente Izzo. Io che sono soldato semplice, me ne vado fuori.


13 Settembre.


Ore due: sveglia e in rango. C’è da ricevere la cinquina, un paio di scarpe di fatica, una coperta da campo e una scatoletta di carne da consumare durante il viaggio. Quest’operazione dura un paio d’ore. I bersaglieri si pigiano dinanzi alla fureria. Chi fa tutto, dentro, è il sergente Fogli, ferrarese. Grida, lavora e suda come un facchino. È l’alba!

— Zaino in spalla! —

In marcia verso la stazione. Il treno è pronto, ma si parte con un lieve ritardo. Siamo 351, compresi i tre ufficiali — un tenente e due sottotenenti — che ci accompagnano. Occupiamo i vagoni. Nell’attesa, una donna, completamente vestita di nero, taglia i gruppi delle persone raccolte attorno al