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il mio diario di guerra 35

Posta dall’Italia, niente ancora. Pazienza. Ma un guardafili mi passa una missiva a mano. E’ la lettera scritta a matita di un soldato, che incontrai per la prima volta, durante la marcia verso la linea del fuoco, a Planina Za-Plecan. Volle allora che firmassi una cartolina. Si è ricordato di me. E’ certo Rusconi Francesco, dimorante in via Malpensata, 2, a Lecco, e ora soldato di fanteria.

E’ un documento interessante, nella sua commovente semplicità, e dimostra da quali spiriti siano sorretti gli umili soldati d’Italia. Dice:

«Caro Mussolini, sono un povero operaio soldato. Tratto dagli studi a tenera età per le gravi condizioni di famiglia, venivo posto nella grande fiumana proletaria e da essa coinvolto. Tanto fu il mio dolore a lasciare le scuole elementari; ma il pensiero di portare un non lieve contributo di sollievo alle tristi condizioni della mia famiglia, mi rendeva orgoglioso. Per gli studi, pensavo, dedicherò le ore libere: così feci».

Dopo aver parlato delle lotte fra neutralisti e interventisti, prosegue:

«Poco tempo dopo, era per me l’ora di aggiungere l’opera al pensiero. Son oggi, otto mesi».

Parla del nostro incontro e continua:

«Mi lasciò la sua firma, ma più ancora sento, nel mio cuore e nell’anima mia, una luce viva ed un contento che giammai scorderò e che mi accompagneranno fino al compimento del destino della Patria...».

Non è semplice e non è grande il linguaggio di questo ignoto soldato operaio?