Pagina:Naufraghi in porto.djvu/217

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di buon vino. Nello scendere le gambe qualche volta gli si piegavano, ma egli non s’impensieriva per così poco.

— Ecco, — pensava, — quando non ne posso più, mi sdraio e dormo. Ho pane e vino nella bisaccia. Che altro occorre? Io sono libero come gli uccelli. Ah! sì, sono libero! Guarda che cosa curiosa! Una volta avevo moglie, ora sono come scapolo.

Gli parve di ridere, ma in realtà le sue labbra non si mossero. E scendeva e scendeva, ora guardando il sentiero giallognolo tracciato fra l’erba alta, ora guardando gli uccelli che avevano destato il suo paragone e che volavano bassi, quasi sfiorando il suolo, e si ritiravano nelle macchie per dormire. Ricordò la vecchia gazza del reclusorio e sentì qualche cosa sciogliersi entro il suo petto.

Ebbene, perchè negarlo? Egli aveva provato dolore nel lasciare quel luogo di pena, quei compagni che non amava, quei muri orrendi, quel cielo che lo aveva per tanti anni oppresso dall’alto del cortile come una lastra di metallo.

Dopo la morte del vero colpevole giorni e mesi erano trascorsi prima che la giustizia avesse esaurito le sue formalità per liberare l’innocente. E a Costantino, informato di tutto, i giorni erano parsi anni; eppure, nell’andarsene, aveva quasi pianto.

Adesso anche questo dispiacere era passato. Tutto era passato. Anche il grande dolore per il tradimento di Giovanna.