Pagina:Naufraghi in porto.djvu/236

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orchi ed allora il suo vecchio cuore sussultava di gioia.

— Che hai, figlio di Dio? — Ma Costantino si metteva a ridere mentre le lagrime gli solcavano le guancie.

Qualche volta andavano insieme alla pesca delle sanguisughe, e mentre Isidoro stava con le gambe ignude immerse nell’acqua giallognola e morta, in un punto ove il ruscello stagnava, Costantino, sdraiato sui giunchi, raccontava storielle e guardava l’orizzonte con strana nostalgia.

Andarsene! Andarsene! Egli avrebbe voluto andarsene, perchè lassù, sotto quel cielo fatale, nella morta solitudine dell’altipiano vigilato dalle sfingi immani delle montagne, si sentiva come stretto da un cerchio di ferro rovente. Tutte le cose, dai fili dell’erba che cresceva nelle straducole, ai picchi delle montagne, gli ricordavano il passato. Ogni notte egli si aggirava cauto come una volpe intorno alla casa di Giovanna. Una sera vide la figura alta della giovine donna uscire dal portico e andare verso la loro casetta. Era la prima volta che rivedeva Giovanna; la riconobbe nonostante l’oscurità umida della sera un po’ annuvolata: il cuore gli battè violentemente, ed ogni palpito era un dolore diverso, un ricordo, un impeto di disperazione. Fu per precipitarsi sulla donna, abbracciarla, ucciderla. Poi non gli bastò vederla così, di nascosto, all’ombra: fu invasato dal desiderio di vederla e di farsi vedere alla luce