Pagina:Naufraghi in porto.djvu/33

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già diviso da lei per l’eternità. Era morto, essendo ancor vivo. E l’avevano ucciso quegli uomini grossi e pacifici che stavano ancora lì indifferenti in attesa d’un’altra vittima. Ella si sentì smarrire la ragione: d’improvviso grida selvagge echeggiarono nella sala; qualcuno l’afferrò e la trascinò fuori nella piazza gialla di sole.

— Ma possibile, figlia mia? Ma tu sei pazza? Tu urli come una bestia; — disse zia Bachisia, trascinandola pel braccio. — A che pro poi? C’è l’appello, adesso, c’è la cassazione, anima mia, sta’ quieta!

I testimoni, l’avvocato, Paolo Porru, circondarono le due donne e cercarono di consolarle. Giovanna piangeva senza lagrime, con singhiozzi aridi che le tagliavano il petto: parole sconnesse, di tenerezza per Costantino, di minaccia per i giurati, le uscivano dalle labbra tremanti.

Pregò la lasciassero almeno assistere all’uscita del condannato; e quando egli apparve, fra i due carabinieri freddi e impassibili, livido, curvo, con gli occhi infossati, improvvisamente invecchiato, gli si precipitò davanti; e poichè i carabinieri non si fermavano, procedette alcuni passi di sghembo, rivolta a Costantino, sorridendogli, dicendogli che la cassazione avrebbe rimediato a tutto e che lei venderebbe anche la camicia pur di salvarlo. Egli la guardava con gli occhi spalancati, pieni di stupore, mentre i carabinieri lo spingevano ed uno di essi diceva: