Pagina:Neera - Addio, Firenze, Paggi, 1897.djvu/38

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24 addio!


felice di tenervi ragguagliata sulle speranze che mi daranno.

Non vi era altro da aggiungere. Strinse la mia mano con una dolce energia; con quella pressione consapevole e sapiente che fa del più comune fra gli atti un godimento raffinato di voluttà: — ma bisogna avere, com’egli aveva, una mano morbida, tiepida, singolarmente bella. Tenne per un istante le mie dita chiuse fra le sue, poi le lasciò andare ad una ad una, lentamente, quasi il distacco gli costasse fatica — e si sentiva sotto l’epidermide trasalire il sangue.

Da tutta la sua persona emanava un fluido caldo, simpatico; un’espressione che dava vita ai suoi lineamenti, una tristezza appassionata che soggiogava.

La prima volta che lo avevo veduto, sì, è vero, ero restata fredda; — il suo decantato fascino non si palesava esteriormente che con una avvenenza comune.

Ma conveniva parlargli da solo a sola, respirare a due passi di distanza l’aria tutta piena del suo magnetismo; conveniva sussultare e arrossire e smarrirsi davanti a