Pagina:Neera - Crevalcore, Treves, 1907.djvu/136

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Giacomo Dena proruppe inviperito:

— Ma perchè queste cose non le hai mai dette prima?

— Perchè non avresti prestato il tuo concorso.

Giacomo Dona si mordeva i pugni. Egli stava raccattando dentro di sè una parola violenta per confondere quella donna che si prendeva giuoco di lui colla crudeltà di un felino quando tiene fra le unghie la preda e si diletta a martoriarla prima di ucciderla; una parola insultante colla quale atterrare finalmente quell’immenso orgoglio che lo dominava da anni come un sultano barbaro e onnipotente domina uno schiavo. Egli era uomo alla fine, egli era forte, egli avrebbe anche potuto ucciderla!

Renata lesse tutto ciò sulla fronte piatta di suo marito, e le sue vene furono percorse dal brivido che l’alpinista temerario prova trovandosi di fronte alla valanga che egli stesso ha promosso nel cozzo dei venti. Le sue narici si dilatarono aspirando la voluttà del rischio; per un istante quell’uomo potè interessarla ancora. Ma era abbastanza per un giuoco. Colla voce autorevole e persua-