Pagina:Neera - Crevalcore, Treves, 1907.djvu/165

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Abbassò il capo con una mossa di umiltà forse ipocrita ma assai graziosa mormorando:

— Ohimè!

Ma non stette a lungo in quella attitudine di vinto. Risollevando il capo fece un passo verso di me e disse:

— Mi perdoni.

Incominciavo a sentire l’imbarazzo di quel colloquio con uno sconosciuto. Serrando il mio libro con un braccio contro il petto feci coll’altro un gesto vago che poteva essere interpretato tanto come una acquiescenza al perdono quanto come un invito a lasciarmi. Egli lo comprese in entrambi i modi e si tolse ancora una volta il berretto per salutarmi. Io non volli assistere alla sua risalita sul muricciolo e volsi le spalle; ma quasi subito la sua voce risuonò di nuovo:

— Signorina!

Guardai. Egli era già sulla cresta avendo approfittato senza dubbio di alcune asperità nelle pietre sconnesse.

— Mi permette di venire qualche volta a salutarla?

— Oh! questo no — risposi con una ri-