Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/140

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— Io pure.

Davanti a un infocato tramonto d’autunno, stormendo leggermente i pioppi con morbidezze di mani carezzevoli, Chiarina prese congedo dai cari luoghi. Le note voci, le voci della sua infanzia parlavano ancora col sussurro delle foglie e parve a lei che la salutassero.

— Questi pioppi ti amano — disse la maestra per confortarla.

— Sì. Essi furono i miei primi amici.

Le due giovani donne stettero per un po’ di tempo silenziose colle mani nelle mani. La maestra, come colei che rimaneva sola, era anche la più afflitta. In fondo ella trovava che Chiarina poteva dirsi fortu-nata di andare a stare a Milano; nè Chiarina infatti si rammaricava di ciò; ma il momento del distacco le sembrava doloroso.

— A Milano — disse — non conosco nessuno.

— I signori Firmiani.

— È tanto tempo che non li vedo!

Questo era il suo assillo. Come l’avrebbero accolta i signori Firmiani? Giovanni era andato ad avvertirli del cambiamento della loro condizione ed ella aveva scritto una letterina a Mariuccia, la quale non aveva risposto.