Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/159

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che già i rombi di mattonelle da rossi e azzurri che erano sembravano grigi e scomparivano sotto uno strato di melma perenne; le mensole dei balconi lasciavano scorgere le connessure grossolane; le branche della scala avevano una patina untuosa sparsa di gusci d’ovo, di buccie d’arancio e di castagne, di pezzi di carta, di sfilacciature di stoffa, di detriti casalinghi sfuggiti alla cassetta della spazzatura, di liquidi rovesciati ed altre traccie incerte che uomini, bimbi, cani, salendo e scendendo tutto il giorno in numerosa processione, si lasciavano dietro senza che la vigilanza del padrone (il quale non c’era) o la sensibilità dei pigionali (poco sviluppata) imponesse ad alcuno il benchè menomo ritegno.

Faceva da portinaia una erbivendola che aveva la sua botteguccia verso strada ed occupavasi molto più delle sue carote che della pulizia della casa; aveva anzi in proposito formulato un assioma che ripeteva a chiunque volesse intenderlo. Ella diceva che era inutile pulire dal momento che ricominciavano sempre ad imbrattare. Invano la signora del primo piano, vedova di un colonnello e che si faceva chiamare donna Ersilia, entrava da lei colle