Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/210

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Il dottore volgendosi al giovinotto alto, magro, vestito di nero che gli aveva rivolta la parola, disse sorridendo:

— Invece ecco il socio. Non si è mai soli, creda, a fare quello che non si desidera.

— Se il mondo camminasse meglio e la società fosse meglio costituita, senza oppressori... — disse il giovanotto con accento cupo.

— ...E senza prepotenti — interruppe, bonario, il dottore.

— Senza tante leggi...

— ...E un po’ meno di vizi. Già, già, sarebbe un bel mondo! — concluse il dottore, schiacciando la punta del suo sigaro fra il pollice e l’indice. — Io per me dico sempre: beati i tempi barbari! Allora i tiranni avevano una testa sola e non era poi molto difficile farla cadere: ma quando il tiranno ne ha centomila, come si fa? Leggevo appunto gli ultimi dispacci che narrano lo sciopero di Torino. Non ci si capisce nulla. Il socialismo sarebbe forse una buona cosa senza i socialisti. Che ne dice!

— Nihil! Nihil! Nihil! — gridò l’altro.

Curvandosi sulla ringhiera