Pagina:Neera - Il romanzo della fortuna.djvu/230

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splendesse limpido il sole o dilagasse la piova ognuno poteva vederla ritta sull’alto seggiolone, sempre dolce e un po’ mesta nel suo sorriso astratto di vecchio bassorilievo, colle sue vesti color d’ombra.

Aveva ottenuto di poter condurre in un asilo la piccina dell’operaia in nastri e se ne incaricava ella stessa levandosi più presto del solito per arrivare in tempo a tutto. La Gigia intanto declinava rapidamente e colla prima neve finì di soffrire.

— Povero vaso di basilico — diceva Chiarina il giorno del funerale accarezzando la testina dell’altra bimba — non mi resti che tu!

Ella aveva affidato per un poco il negozio al commesso, sì da poter comporre nella bara la piccola martire vestendola con un abito bianco cucito in fretta la sera prima e ravviandole amorosamente le chiome lungo le guancie disfatte. La madre assisteva senza batter ciglio, come se la cosa non la riguardasse, tanto che una signora entrando dall’uscio che avevano lasciato aperto si rivolse a Chiarina, credendola la madre, per chiederle il permesso di vedere la morticina.