Pagina:Neera - Il secolo galante, Milano, 1906.djvu/44

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38 introduzione


cordo, sorpassa certamente l’istituzione italiana contemporanea del cavalier servente, il quale era, nella maggior parte dei casi, impiegato solo per la comparsa; e la libertà del linguaggio, il genere degli scherzi, la parola cruda che le più grandi dame nonché tollerare pronunciavano imperterrite sotto la maschera del belletto e dei nèi, destano la nostra meraviglia.

C’è però un confronto curioso già osservato da quello scrittore coscienziosissimo che è Carlo Déjob (nome che ogni italiano dovrebbe conoscere ed amare se non altro per riconoscenza ove non fosse già degno di ammirazione per la nobiltà dell’ingegno) nel suo recente studio sulla commedia del secolo XVIII. In mezzo a tanta immoralità di costumi, il teatro si conservava relativamente casto. «Non è un peccato — conclude il Déjob — che si abbia a rispettare meno oggi il pubblico in teatro che non ai tempi in cui Luigi XV aveva tante favorite e la grande Caterina tanti amanti?» Gli è che il buon gusto che allora serviva di freno a quella vecchia società corrosa nelle intime fibre, non avrebbe sopportato la promiscuità grossolana