Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/153

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— Lo so benissimo; il vuoto del cuore vuol dire non essere amati, non avere un petto su cui posare il nostro capo, non un’anima che risponda alla nostra; ma tu queste cose le hai. Filippo ti ama, egli vive della tua vita, ti dà la felicità della pace, dell’amore, ti dà gli agi e la sicurezza dell’esistenza.

— Sì, sì, sì, ma non c’è poesia!

— Come, non c’è poesia? Questa è la grande, la vera poesia; quella che tu cerchi è la poesia imbellettata e artificiale delle frasi sonore e dei concetti vuoti. Tu hai la realtà e sogni le larve!

— Io sogno l’ideale.

— Ebbene, che cos’è questo? A quindici anni il mio ideale era un giovinetto magro, pallido, sparuto, stretto di spalle, lungo di collo, imberbe, coi grandi occhi cintati d’azzurro... Già, tutto questo mi pareva ideale. E poi aspirazioni ideali alla luna, alle stelle, baci ideali, ebbrezze ideali, tutto per aria, tutto nelle nuvole.

— In alto! — fece Carolina con enfasi.

— Sicuro; come la pioggia che finchè sta in alto non conclude nulla e se vuol esser utile a qualche cosa discende sulla terra.

— Tu non potrai negare che l’amore nobile, l’amore sublime è quello che si distacca dalla terra e vola al cielo.