Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/186

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Clelia sentiva di essere amata, ne aveva il convincimento in se stessa; questa sicurezza la rendeva felice.

L’inverno, quell’anno, pareva che non dovesse più finire.

I contadini avevano esaurite le loro provviste; non c’era più farina, nè fagiuoli, nè patate, nè riso. Chi aveva qualcosellina da parte potè tirare avanti fino ai primi d’aprile — gli altri, o si ammalavano o vivevano stentatamente di carità; i vecchi e i fanciulli morivano a frotte. Gli ospedali, assediati, rimandavano tutti i giorni un numero infinite di poveri che tornavano ad accrescere la miseria del paese.

Per gli affittaiuoli le cose non andavano meglio. Toccava a loro a provvedere in gran parte e gli anni erano cattivi per tutti.

Daniele si mostrava triste e preoccupato. Al suo fianco, nelle serate solitarie del focolare, Clelia provava quasi rimorso di accarezzare sogni d’amore. E quale amore mio Dio!

Da quattro mesi non sapeva più nulla; il nome del Disertore non veniva mai pronunciato, nè ella osava chiederne.

Fu allora che tentò di svellersi dal cuore una passione senza avvenire e senza speranza; ma