Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/268

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tendeste di decotti prenderei volontieri un decotto di camomilla.

— Se me ne intendo? Ho avuto il mio babbo infermo cinque anni; son pratica di ammalati. È questo il cartoccio?

— Sì; guardate lì accanto che c’è la pezzuola per colare il decotto. Povera me! quando mi pigliano questi accessi nervosi non sono più buona a nulla; capisco che invecchio.

— Molto carico?

— Così, così.

Intanto che Carolina preparava la bevanda, la vecchietta non cessava dall’osservarla, argomentando dai suoi movimenti sicuri e precisi ch’ella fosse una molto brava massaia. Le piacque sopratutto il suo metodo di accendere il fuoco — innalzando prima un monticello di cenere per non disperdere la brace.

Carolina faceva anche lei molte osservazioni: le sembrava strano di trovarsi in quella casa, di toccare quei cucchiai, quelle scodelle, tutti quegli utensili: sedere su quelle sedie, passeggiare su quel pavimento — appunto, ella vide per terra una cravatta da uomo, si chinò e la raccolse: e’ era un po’ di polvere sopra e la sua mano attiva non potè trattenersi dal pulirla. Vi metteva tanta grazia che pareva proprio l’accarezzasse.