Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/276

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Invidio Stefano. Quando si giunge «a quell’anta che tutta notte canta» — come me — e quando la si è passata — come lui — che c’è d’altro al mondo fuorchè mangiare e dormire in pace? Ah! in pace! Che bella cosa la pace!

Allungo le gambe e mi stendo su questa poltrona che per verità è molto comoda.

Benissimo. Che cosa è la vita?

I pioppi, gli olmi o i castani tremolano, luccicando, sotto il sole. Che bel verde! La sabbia del viale sembra d’argento.

Che cosa vedo là in fondo? Sono forse fiorite le peonie? No, è l’abito di Federica, rosa per l’appunto come una peonia.

Che aria soave! Che voluttà in queste giornate di primavera!

Ma ancora non ho trovato che cosa è la vita.

Basta, lasciamo andare. Quando arriverò a dare le mie dimissioni voglio anch’io, come Stefano, finire i miei giorni in campagna. Non c’è di meglio per un vecchio peccatore che ha dei reumatismi da curare. I guerrieri antichi facevano così tutti; avevano ragione.

Dicono che in campagna ci si annoia. Eh! può darsi. Mi farò pescatore, cacciatore, orticoltore — tutte le passioni si assomigliano; il piacere che