Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/56

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Si parlava di veli — se ne metteva dappertutto. Io ero impaziente e affrettavo col desiderio quell’ora che doveva darmi Elisa per sempre.

Venne anch’essa. Vengono tutte «l’ore dai tetri mortali contate», le ore del delirio, le ore dello spasimo, le ore sante, le ore maledette. Venne, serena, come s’addiceva alla circostanza.

— Che bel sole! — disse Elisa. — Vuol farci festa.

— Troppo onore. Lo vedete, Elisa, il cielo si illumina per noi. Ringraziamolo con un bacio. Non è amando le creature che si dà lode al Creatore?

Eravamo beati.

La principessa incominciava a lasciar scorrere le sue lagrime: di gioia, diceva, ma non lo credetti, perchè dietro al pensiero di Elisa stava quello di Nora.

Una letterina della bimba giunse appunto quel mattino, diretta alla sorella. Era molto affettuosa, piena di espressioni tenere e meste, piena di ricordi; non una sola parola per me.

Nessuno mostrò accorgersi di questa lacuna — io meno degli altri — si lasciò Elisa tutta intera al piacere di leggere e rileggere la lettera. Si parlò di quando saremmo ancora riuniti, facendo i più lieti pronostici e i più graziosi progetti.