Pagina:Neera - Iride, Milano, Baldini, 1905.djvu/79

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intorno a me; avrei picchiato la Betta, me stessa, che so io? Mi sarei uccisa. Certo diventavo pazza; se non che le forze mi mancarono e a quell’eccesso di collera subentrò un leggero svenimento. La Betta mi portò sul mio letto.

Molte ore dopo, era notte fatta, io avevo ripreso completamente i sensi, ma non aprivo bocca; la mia governante, seduta presso una lucerna velata leggeva ad alta voce:

«Dio è misericordioso ma è giusto; egli premia i buoni e castiga i cattivi. Egli dice pure: amatevi gli uni cogli altri siccome fratelli.»

La porta di casa si aperse e si rinchiuse con strepito. Era mio padre; il suo passo risonava sulla scala; veniva come il solito a darmi il bacio della sera.

La Betta si alzò vivamente uscendo fuori nel corridoio; essa gli impedì di entrare, dicendogli:

— Dorme. La lasci riposare tranquilla.

Io udii ogni cosa e tacqui.

Non ho mai potuto sapere precisamente se la Betta abbia raccontato al babbo la mia scena del giardino. Sotto certi rapporti mi parrebbe di sì, sotto certi altri rapporti mi parrebbe di no; comunque, alcuni giorni dopo il babbo mi parlò lui stesso del suo matrimonio e di quella Aurora così