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esistenza quasi monastica, teneva già un posto importante.

Modesta modesta nel suo abito grigio, con un tocco di lontra in testa ed uno scialletto sul braccio, Marta si allontanava sul sentiero coperto di foglie secche, sparendo e ricomparendo col suo passo aereo, mentre le serviva di sfondo ora una colonna d’edera addossata sul tronco di una quercia, ora il pennacchio onduleggiante delle acacie che sfioccavano via per l’aria le piccole foglie gialle.

Vi erano degli alberi dorati come le treccie di una Margherita ideale; altri ancora che ricordavano i bagliori di una fiamma morente; ed alcuni strisciati in rosa, con gradazioni tenere di carne, di corallo pallido, sfumati, diafani, con una morbidezza di velo e d’ali d’angelo cadute.

Tutta la materialità dell’amore e della fecondazione sembrava sparita dai campi mietuti, dalle piante che non avevano più nè fiori, nè frutti, che lasciavano pendere le foglie a guisa di pensieri vacui, di illusioni isterilite; nè dai nidi